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Una vita in cammino al servizio di Dio.

Una vita in cammino al servizio di Dio
Intervista a Monsignor Antonio Franco, arcivescovo cattolico.

Nato nel 1937 a Puglianello Monsignor Antonio Franco, arcivescovo cattolico, ha trascorso la propria vita al servizio di Dio, prima come sacerdote, nella nostra diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, poi come Rappresentante della Santa Sede all’estero, prima come collaboratore, per 20 anni, poi come Nunzio Apostolico per altri 20 anni.

Gli abbiamo chiesto di ripercorrere un po’ la sua vita, con le tante esperienze vissute durante questi anni. 

Monsignore ci racconti un po’ quando tutto questo ha avuto inizio  

Ricordo molto bene quando per la prima volta espressi il desiderio di voler diventare “Vescovo”.
Si, proprio così. Potevo avere al massimo undici anni, quando il Vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita si recò in visita alla Parrocchia di Puglianello e alla domanda “Cosa vuoi fare da grande” io risposi: “Voglio fare il Vescovo”.

Lo dissi, ovviamente, con assoluta incoscienza, tipica dell’età. Il desiderio di essere sacerdote, però, era persistente e perciò, terminata la scuola media, entrai al Seminario Regionale di Benevento e, successivamente, al Pontificio Seminario Campano di Napoli , dove ricevetti la formazione teologica presso la Facoltà Teologica dei Padri Gesuiti.

Ordinato sacerdote il 10 luglio 1960, nella nostra chiesa parrocchiale di Puglianello, fui chiamato a collaborare alla direzione del Collegio “Luigi Sodo”di Cerreto Sannita, anche con il compito di docente, mentre contemporaneamente assistevo la comunità dei fedeli del rione della stazione ferroviaria di Ponte, dove fu costruita la chiesa di Santa Generosa, elevata a Parrocchia.

Nel mese di ottobre del 1968 la Segreteria di Stato della Santa Sede chiese al Nostro Vescovo di  consentirmi di frequentare i corsi di Diritto Canonico presso l’Università del Laterano di Roma per prepararmi al servizio della Santa Sede presso le Rappresentanze Pontificie.

Terminati gli studi, nell’autunno del 1968 fui inviato in Bolivia come collaboratore del Nunzio Apostolico, cioè del Rappresentante diplomatico della Santa Sede accreditato presso di uno Stato il cui ruolo è equiparato a quello di un ambasciatore.

Successivamente fui trasferito in altri Stati, e cioè: Francia, New York, presso le Nazioni Unite, sempre come collaboratore.

Nell’aprile del 1992 venni ordinato Vescovo e nominato Nunzio Apostolico in Ucraina.

In seguito sono stato inviato nelle Filippine ed infine in Terra Santa, dove ho concluso il mio servizio alla Santa Sede nell’agosto del 2012.

Qual è stata, tra le tante che ha vissuto, l’esperienza che l’ha segnata di più? Per quale motivo?

Senza dubbio, gli anni per me più difficili sono stati quelli vissuti durante il soggiorno in Iran.

Durante la prima metà degli anni ’70 il regime dello scià Mohammad Reza Pahlavi nel tentativo di fare dell’Iran la potenza principale del Medio Oriente, accentuò il carattere nazionalista e autocratico del suo regno, impegnando la maggior parte delle risorse economiche del Paese nella costruzione di un potente e modernissimo esercito e nell’autocelebrazione della monarchia, impose alle donne di togliersi il velo senza concedere loro il voto, le ammise all’università di Teheran senza abolire, però, i privilegi maschili in fatto di diritto matrimoniale e familiare.

Questa sua politica di modernizzazione della società, alternata a feroci repressioni, gli valse la crescente ostilità del clero sciita. Nel 1975 lo scià dichiarò illegali tutti i partiti politici, negando di fatto ogni forma di opposizione legale e favorendo la nascita di movimenti clandestini di resistenza.

Fu proprio durante questi anni che tutte le opposizioni al monarca si riunirono intorno alla figura carismatica dell’Ayatollah Ruhollah Khomeyni.

Le proteste di massa iniziarono nel 1978 proprio in reazione ad un articolo della stampa di regime che derideva l’Ayatollah Khomeyni avviando una spirale di manifestazioni di protesta che portarono al blocco del Paese.

Questa rivoluzione islamica iraniana, nota anche come rivoluzione khomeinista, fu caratterizzata da una serie di sconvolgimenti politici e sociali tra il biennio 1978-1979, che trasformò la monarchia del paese in una repubblica islamica sciita, la cui costituzione si ispirava alla legge coranica (shari’a).

Questi furono, senza dubbio, anni molto difficili per me poiché l’esito di tutti questi sconvolgimenti, manifestazioni da parte di uomini e soprattutto donne, le quali si ostinavano a coprire con il velo il proprio volto, era incerto.

Allo stesso tempo è stata sicuramente tra le esperienze più significative che ho vissuto durante la mia vita e che ricordo ancora con particolare emozione. 

Siamo giunti al termine di questa intervista. Qual è il consiglio che si sente di dare oggi alle persone che intendono intraprendere questo tipo di cammino?

Io penso che la cosa più importante, se uno decide di accettare la chiamata a  intraprendere questo percorso, consiste innanzitutto nel sentirsi in pace con sé stessi, realizzati internamente.

È fondamentale essere consapevoli dei propri limiti, delle proprie debolezze, ma anche delle proprie potenzialità e di quelle di chi ci sta accanto.

Ciascuno di noi ha una propria dignità, ma anche un potenziale da esprimere. È importante sentire nell’intimo del proprio cuore questi valori per poter svolgere nel miglior modo possibile qualsiasi tipo di attività.

Il compito che ciascuno di noi è chiamato a svolgere ogni giorno consiste nel favorire la crescita e lo sviluppo dell’altro, senza porre vincoli, ostacoli di alcun tipo, nel tentativo di impedirne la piena realizzazione.

È fondamentale, in questo tipo di cammino, avere tanta fede e seguire Dio ovunque Lui desideri, anche se a volte le sfide che ci mette davanti possono suscitare qualche timore.

È quello che ho cercato di fare durante il mio lungo percorso, prima come sacerdote, poi come Nunzio Apostolico accettando, senza esitazione, la traiettoria che Lui aveva tracciato per me e che si è rivelata ad oggi, senza alcun dubbio, la migliore in assoluto. 

Articolo di

Davide Riccio
Giusy Parente

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